Fibroplasìa Retrolenticolare
Definizione medica del termine Fibroplasìa Retrolenticolare
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Definizione di Fibroplasìa Retrolenticolare
Fibroplasìa Retrolenticolare
Grave alterazione degenerativa delle strutture visive situate posteriormente al cristallino, con compromissione irreversibile della vista.
È solitamente bilaterale, causa quindi completa cecità.
Compare verso il 2°-6° mese di vita e può colpire i bambini prematuri o immaturi di piccolo peso alla nascita (meno di 1500 grammi) sottoposti, durante la permanenza nelle culle incubatrici, a ossigenoterapia con concentrazioni di ossigeno nella miscela gassosa particolarmente elevate (superiori al 40%) a causa di disturbi respiratori.
L’esposizione a tali concentrazioni di ossigeno causa uno spasmo riflesso dei vasi sanguigni retinici, dovuto alla condizione d’immaturità delle strutture vascolari e al fatto che l’ossigeno non adeguatamente umidificato favorisce la formazione di sostanze altamente tossiche.
Si verifica una grave sofferenza ischemica della retina, con intensa proliferazione di nuove formazioni vascolari, particolarmente fragili, che danno facilmente origine a emorragie: gli stravasi di sangue occupano la cavità del globo oculare, normalmente contenente l’umore vitreo perfettamente trasparente, causandone una progressiva degenerazione fibrotica, con perdita definitiva delle proprietà ottiche.
Vi sono ulteriori alterazioni a carico della retina (distacco e fibrosi).
Il processo morboso è irreversibile e non curabile.
L’unico valido rimedio consiste in un accurato controllo della frazione di ossigeno che viene fatta respirare al piccolo paziente.
Solo in un ridotto numero di casi sembrerebbe possibile un intervento chirurgico (fotocoagulazione con laser e crioterapia) nelle fasi iniziali della retinopatia.
Alcuni autori riportano, inoltre, una certa utilità nella somministrazione profilattica di vitamina E, ad azione antiossidante.
È solitamente bilaterale, causa quindi completa cecità.
Compare verso il 2°-6° mese di vita e può colpire i bambini prematuri o immaturi di piccolo peso alla nascita (meno di 1500 grammi) sottoposti, durante la permanenza nelle culle incubatrici, a ossigenoterapia con concentrazioni di ossigeno nella miscela gassosa particolarmente elevate (superiori al 40%) a causa di disturbi respiratori.
L’esposizione a tali concentrazioni di ossigeno causa uno spasmo riflesso dei vasi sanguigni retinici, dovuto alla condizione d’immaturità delle strutture vascolari e al fatto che l’ossigeno non adeguatamente umidificato favorisce la formazione di sostanze altamente tossiche.
Si verifica una grave sofferenza ischemica della retina, con intensa proliferazione di nuove formazioni vascolari, particolarmente fragili, che danno facilmente origine a emorragie: gli stravasi di sangue occupano la cavità del globo oculare, normalmente contenente l’umore vitreo perfettamente trasparente, causandone una progressiva degenerazione fibrotica, con perdita definitiva delle proprietà ottiche.
Vi sono ulteriori alterazioni a carico della retina (distacco e fibrosi).
Il processo morboso è irreversibile e non curabile.
L’unico valido rimedio consiste in un accurato controllo della frazione di ossigeno che viene fatta respirare al piccolo paziente.
Solo in un ridotto numero di casi sembrerebbe possibile un intervento chirurgico (fotocoagulazione con laser e crioterapia) nelle fasi iniziali della retinopatia.
Alcuni autori riportano, inoltre, una certa utilità nella somministrazione profilattica di vitamina E, ad azione antiossidante.
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