Micosi Fungòide
Definizione medica del termine Micosi Fungòide
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Definizione di Micosi Fungòide
Micosi Fungòide
Forma di linfoma non-Hodgkin a cellule T, che mostra particolare predilezione per l’interessamento cutaneo.
La malattia, che non ha nulla a che vedere con le infezioni da miceti, deve il proprio nome all’aspetto fungoide delle lesioni.
Una predisposizione genetica, così come pregresse dermatosi e l'esposizione a carcinogeni ambientali, giocano un ruolo nello sviluppo di questo tumore.
Come già per la leucemia linfatica a cellule capellute, anche per la micosi fungoide è stata prospettata l'ipotesi di una origine virale.
La malattia può insorgere su cute sana o essere preceduta da una parapsoriasi in placche o da una papulomatosi linfomatoide.
Varie sono le possibili presentazioni cliniche: accanto alla micosi fungoide classica, si descrivono la forma eritrodermica (è la sindrome di Sézary, variante 'leucemica' della micosi fungoide), quella cosiddetta a tumori d'emblée e quella follicolare.
L’interessamento cutaneo, sempre presente, si manifesta in genere sotto forma di chiazze eritematose, successivamente di placche infiltrate e poi di masse tumorali vere e proprie.
La localizzazione viscerale (fegato, milza, linfonodi, midollo osseo) normalmente si presenta dopo alcuni anni e è cattivo segno prognostico.
La diagnosi si basa: 1) sull'esame istologico, che mostra le caratteristiche infiltrative delle lesioni; 2) sullo studio immunopatologico del tessuto, che stabilisce il fenotipo degli elementi proliferanti; 3) su indagini di biologia molecolare, che rivelano la natura clonale della proliferazione di linfociti T.
Accanto a questi esami, è opportuno mettere in atto tutte le indagini volte a ricercare l'eventuale interessamento extracutaneo.
Il decorso, pur diverso da caso a caso, è solitamente lento ( tranne la forma eritrodermica, che ha andamento più rapido); la morte sopravviene in seguito a infezioni o alla massiccia proliferazione di linfociti T negli organi nobili, che cessano progressivamente di funzionare.
La terapia dipende dallo stadio della malattia: all'inizio, retinoidi e PUVA-terapia (psoraleni + raggi ultravioletti di tipo A, talora in associazione) ottengono risultati, così come pennellature con antimicotici o panirradiazione; più avanti, è necessaria la chemioterapia, secondo protocolli diversi, o -in alternativa- interferone ad alte dosi o la fotoferesi.
Necessaria è sempre la terapia topica con emollienti e una terapia generale per combattere il prurito ed eventuali infezioni.
La malattia, che non ha nulla a che vedere con le infezioni da miceti, deve il proprio nome all’aspetto fungoide delle lesioni.
Una predisposizione genetica, così come pregresse dermatosi e l'esposizione a carcinogeni ambientali, giocano un ruolo nello sviluppo di questo tumore.
Come già per la leucemia linfatica a cellule capellute, anche per la micosi fungoide è stata prospettata l'ipotesi di una origine virale.
La malattia può insorgere su cute sana o essere preceduta da una parapsoriasi in placche o da una papulomatosi linfomatoide.
Varie sono le possibili presentazioni cliniche: accanto alla micosi fungoide classica, si descrivono la forma eritrodermica (è la sindrome di Sézary, variante 'leucemica' della micosi fungoide), quella cosiddetta a tumori d'emblée e quella follicolare.
L’interessamento cutaneo, sempre presente, si manifesta in genere sotto forma di chiazze eritematose, successivamente di placche infiltrate e poi di masse tumorali vere e proprie.
La localizzazione viscerale (fegato, milza, linfonodi, midollo osseo) normalmente si presenta dopo alcuni anni e è cattivo segno prognostico.
La diagnosi si basa: 1) sull'esame istologico, che mostra le caratteristiche infiltrative delle lesioni; 2) sullo studio immunopatologico del tessuto, che stabilisce il fenotipo degli elementi proliferanti; 3) su indagini di biologia molecolare, che rivelano la natura clonale della proliferazione di linfociti T.
Accanto a questi esami, è opportuno mettere in atto tutte le indagini volte a ricercare l'eventuale interessamento extracutaneo.
Il decorso, pur diverso da caso a caso, è solitamente lento ( tranne la forma eritrodermica, che ha andamento più rapido); la morte sopravviene in seguito a infezioni o alla massiccia proliferazione di linfociti T negli organi nobili, che cessano progressivamente di funzionare.
La terapia dipende dallo stadio della malattia: all'inizio, retinoidi e PUVA-terapia (psoraleni + raggi ultravioletti di tipo A, talora in associazione) ottengono risultati, così come pennellature con antimicotici o panirradiazione; più avanti, è necessaria la chemioterapia, secondo protocolli diversi, o -in alternativa- interferone ad alte dosi o la fotoferesi.
Necessaria è sempre la terapia topica con emollienti e una terapia generale per combattere il prurito ed eventuali infezioni.
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