Emicrania
Definizione medica del termine Emicrania
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Definizione di Emicrania
Emicrania
Cefalea primitiva (cioè non legata ad altre cause morbose), dovuta a una reazione vasomotoria delle arterie del capo.
Caratteristica comune delle sindromi emicraniche è la comparsa di un dolore, di solito unilaterale, nelle regioni della tempia, della fronte o delle orbite, spesso pulsante, aumentato dagli sforzi e dai movimenti bruschi del capo, e attenuato dalla compressione delle carotidi o dei vasi temporali.
Insorge ad attacchi intermittenti, tra i quali il soggetto non avverte alcuna sofferenza.
L’emicrania è in genere ereditaria e colpisce prevalentemente il sesso femminile.
La causa è riconducibile a una crisi vascolare, caratterizzata da una fase preliminare (aura) di vasocostrizione dei rami della carotide interna e ischemia della corteccia cerebrale, con conseguenti disturbi visivi, sensitivi e psichici.
La seconda fase comporta invece la vasodilatazione e la distensione delle arterie epicraniche (rami della carotide esterna), distensione che irrita le terminazioni nervose e causa il dolore acuto pulsante, in genere accompagnato da nausea, vertigini e disturbi digestivi.
Nella terza fase la vasodilatazione porta alla trasudazione del plasma dai vasi e all’edema, causando un dolore sordo e continuo.
L’emicrania classica o oftalmica, che inizia nell’adolescenza e tende a ridursi con gli anni, è preceduta in genere da aure visive e, meno frequentemente, da afasia motoria, atassia, disartria, vertigini, alterazioni della coscienza; il dolore, fronto-temporale o parieto-occipitale, è accompagnato da nausea, vomito e fotofobia.
L’emicrania comune inizia nell’adolescenza, ma tende a peggiorare con gli anni: il dolore inizia al mattino, diventa in genere bilaterale e diffuso, e può essere accompagnato da nausea, vomito, pallore o arrossamento del viso, lacrimazione, fotofobia.
Non sono presenti veri e propri disturbi visivi.
L’emicrania oftalmoplegica, caratterizzata da dolore retro - o sopraorbitale e paralisi dei tre nervi oculomotori, insorge durante o dopo l’attacco emicranico.
Nell’emicrania emiplegica l’accesso emicranico è seguito da un deficit motorio a esordio e risoluzione lenti.
La cefalea a grappolo, infine, non ereditaria, colpisce soprattutto il sesso maschile nella maturità: il dolore è violento e bruciante, prevalente alla regione orbitaria o del mascellare superiore (per questo va ben distinta dalla nevralgia del trigemino), accompagnato da lacrimazione, fotofobia, congestione nasale, rinorrea.
Gli attacchi insorgono durante il sonno, e si ripetono in successione rapida; possono esservi lunghi periodi liberi.
Nella diagnosi di emicrania sono utilizzate una serie di prove farmacologiche atte a indurre uno specifico tipo di cefalea (test di induzione all’istamina, alla trinitrina), o a estinguere una cefalea già in atto (test di estinzione all’ergotamina, all’indometacina).
La prognosi è variabile, ma non è raro osservare una diminuzione della frequenza degli attacchi nella seconda metà della vita.
Per quanto riguarda la terapia, quando è possibile, si elimina la causa scatenante (particolari cibi e dismenorrea).
Il trattamento della crisi dolorosa si avvale poi essenzialmente di analgesici (acido acetilsalicilico, paracetamolo, indometacina e molti altri) e di vasocostrittori, come i derivati dell’ergotamina e il sumatriptan, che vanno somministrati all’inizio della crisi (dati i loro effetti, questi ultimi sono controindicati nei cardiopatici e in gravidanza).
Per prevenire le crisi ci si avvale di farmaci come la metisergide, il pizotifene, i calcioantagonisti, i betabloccanti, i sali di litio, gli antidepressivi triciclici ecc.
(vedi anche cefalea).
Può essere utile la psicoterapia.
Caratteristica comune delle sindromi emicraniche è la comparsa di un dolore, di solito unilaterale, nelle regioni della tempia, della fronte o delle orbite, spesso pulsante, aumentato dagli sforzi e dai movimenti bruschi del capo, e attenuato dalla compressione delle carotidi o dei vasi temporali.
Insorge ad attacchi intermittenti, tra i quali il soggetto non avverte alcuna sofferenza.
L’emicrania è in genere ereditaria e colpisce prevalentemente il sesso femminile.
La causa è riconducibile a una crisi vascolare, caratterizzata da una fase preliminare (aura) di vasocostrizione dei rami della carotide interna e ischemia della corteccia cerebrale, con conseguenti disturbi visivi, sensitivi e psichici.
La seconda fase comporta invece la vasodilatazione e la distensione delle arterie epicraniche (rami della carotide esterna), distensione che irrita le terminazioni nervose e causa il dolore acuto pulsante, in genere accompagnato da nausea, vertigini e disturbi digestivi.
Nella terza fase la vasodilatazione porta alla trasudazione del plasma dai vasi e all’edema, causando un dolore sordo e continuo.
L’emicrania classica o oftalmica, che inizia nell’adolescenza e tende a ridursi con gli anni, è preceduta in genere da aure visive e, meno frequentemente, da afasia motoria, atassia, disartria, vertigini, alterazioni della coscienza; il dolore, fronto-temporale o parieto-occipitale, è accompagnato da nausea, vomito e fotofobia.
L’emicrania comune inizia nell’adolescenza, ma tende a peggiorare con gli anni: il dolore inizia al mattino, diventa in genere bilaterale e diffuso, e può essere accompagnato da nausea, vomito, pallore o arrossamento del viso, lacrimazione, fotofobia.
Non sono presenti veri e propri disturbi visivi.
L’emicrania oftalmoplegica, caratterizzata da dolore retro - o sopraorbitale e paralisi dei tre nervi oculomotori, insorge durante o dopo l’attacco emicranico.
Nell’emicrania emiplegica l’accesso emicranico è seguito da un deficit motorio a esordio e risoluzione lenti.
La cefalea a grappolo, infine, non ereditaria, colpisce soprattutto il sesso maschile nella maturità: il dolore è violento e bruciante, prevalente alla regione orbitaria o del mascellare superiore (per questo va ben distinta dalla nevralgia del trigemino), accompagnato da lacrimazione, fotofobia, congestione nasale, rinorrea.
Gli attacchi insorgono durante il sonno, e si ripetono in successione rapida; possono esservi lunghi periodi liberi.
Nella diagnosi di emicrania sono utilizzate una serie di prove farmacologiche atte a indurre uno specifico tipo di cefalea (test di induzione all’istamina, alla trinitrina), o a estinguere una cefalea già in atto (test di estinzione all’ergotamina, all’indometacina).
La prognosi è variabile, ma non è raro osservare una diminuzione della frequenza degli attacchi nella seconda metà della vita.
Per quanto riguarda la terapia, quando è possibile, si elimina la causa scatenante (particolari cibi e dismenorrea).
Il trattamento della crisi dolorosa si avvale poi essenzialmente di analgesici (acido acetilsalicilico, paracetamolo, indometacina e molti altri) e di vasocostrittori, come i derivati dell’ergotamina e il sumatriptan, che vanno somministrati all’inizio della crisi (dati i loro effetti, questi ultimi sono controindicati nei cardiopatici e in gravidanza).
Per prevenire le crisi ci si avvale di farmaci come la metisergide, il pizotifene, i calcioantagonisti, i betabloccanti, i sali di litio, gli antidepressivi triciclici ecc.
(vedi anche cefalea).
Può essere utile la psicoterapia.
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