Morte
Definizione medica del termine Morte
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Definizione di Morte
Morte
Evento con il quale si conclude la vita.
Da un punto di vista giuridico è possibile definire la morte come la cessazione irreversibile delle funzioni vitali, in particolare respiratoria, circolatoria, nervosa.
Questo concetto è stato in parte modificato in relazione: (1) all'attività di prelievo di parti di cadavere per uso terapeutico (trapianti, innesti, estratti d'organo).
Tale atto medico, infatti, prevede come condizione necessaria una attività cardiaca residua.
In conseguenza di ciò, è stato definito che la diagnosi di morte a ogni effetto giuridico è certa quando cessa irreversibilmente la funzione nervosa dell'individuo: è questo il concetto di morte cerebrale; (2) al progresso scientifico, che consente oggi di ripristinare strumentalmente (massaggio cardiaco, ventilazione meccanica, trapianto cardiaco ecc.) funzioni cardiorespiratorie non più capaci di mantenersi spontaneamente.
La morte cerebrale, dunque, si identifica con la perdita di tutte le funzioni del cervello, ivi comprese quelle che consentono la vita vegetativa, quali la funzione respiratoria, l'attività cardiocircolatoria, la regolazione termica e il controllo endocrino-metabolico dell'organismo; ciò la differenzia dal coma, nel quale le funzioni cerebrali deputate al mantenimento della vita vegetativa pur in assenza di coscienza sono conservate.
In campo medico-legale, oltre ad accertare la morte, si deve stabilire con la migliore approssimazione l’ora dell’evento, e ricercarne le cause.
In ogni caso, spetta a un medico (o a un collegio di medici, a seconda dei casi) certificare l’avvenuto decesso, ed esistono periodi di osservazione obbligatori prima di seppellire la salma, cominciare un’autopsia o un prelievo di organi a scopo di trapianto; il medico deve anche espletare la denuncia delle cause di morte.
Nel caso di prelievo di organi, gli accertamenti sono anche strumentali (elettroencefalogramma, elettrocardiogramma) e permettono una diagnosi più rapida.
Tali mezzi non sono necessari quando è possibile un’osservazione prolungata del cadavere.
È necessario distinguere dalla morte reale anche lo stato cosiddetto di morte apparente.
È questa una condizione in cui lo stato comatoso, la perdita di coscienza, la mancanza di riflessi, l’assenza apparente di respirazione e di polso (come si può osservare, per esempio, nel caso siano presenti rare contrazioni ventricolari oppure nel caso di una fibrillazione ventricolare) depongono per una constatazione di morte.
Però, se in questa situazione i valori minimali della respirazione e della contrazione cardiaca residue sono sufficienti a mantenere vitali il metabolismo cellulare delle cellule nervose, l’inizio della respirazione naturale o di quella artificiale rende possibile, in dipendenza dalla durata del tempo di sopravvivenza e di rianimazione, la ripresa delle funzioni vitali.
Da un punto di vista giuridico è possibile definire la morte come la cessazione irreversibile delle funzioni vitali, in particolare respiratoria, circolatoria, nervosa.
Questo concetto è stato in parte modificato in relazione: (1) all'attività di prelievo di parti di cadavere per uso terapeutico (trapianti, innesti, estratti d'organo).
Tale atto medico, infatti, prevede come condizione necessaria una attività cardiaca residua.
In conseguenza di ciò, è stato definito che la diagnosi di morte a ogni effetto giuridico è certa quando cessa irreversibilmente la funzione nervosa dell'individuo: è questo il concetto di morte cerebrale; (2) al progresso scientifico, che consente oggi di ripristinare strumentalmente (massaggio cardiaco, ventilazione meccanica, trapianto cardiaco ecc.) funzioni cardiorespiratorie non più capaci di mantenersi spontaneamente.
La morte cerebrale, dunque, si identifica con la perdita di tutte le funzioni del cervello, ivi comprese quelle che consentono la vita vegetativa, quali la funzione respiratoria, l'attività cardiocircolatoria, la regolazione termica e il controllo endocrino-metabolico dell'organismo; ciò la differenzia dal coma, nel quale le funzioni cerebrali deputate al mantenimento della vita vegetativa pur in assenza di coscienza sono conservate.
In campo medico-legale, oltre ad accertare la morte, si deve stabilire con la migliore approssimazione l’ora dell’evento, e ricercarne le cause.
In ogni caso, spetta a un medico (o a un collegio di medici, a seconda dei casi) certificare l’avvenuto decesso, ed esistono periodi di osservazione obbligatori prima di seppellire la salma, cominciare un’autopsia o un prelievo di organi a scopo di trapianto; il medico deve anche espletare la denuncia delle cause di morte.
Nel caso di prelievo di organi, gli accertamenti sono anche strumentali (elettroencefalogramma, elettrocardiogramma) e permettono una diagnosi più rapida.
Tali mezzi non sono necessari quando è possibile un’osservazione prolungata del cadavere.
È necessario distinguere dalla morte reale anche lo stato cosiddetto di morte apparente.
È questa una condizione in cui lo stato comatoso, la perdita di coscienza, la mancanza di riflessi, l’assenza apparente di respirazione e di polso (come si può osservare, per esempio, nel caso siano presenti rare contrazioni ventricolari oppure nel caso di una fibrillazione ventricolare) depongono per una constatazione di morte.
Però, se in questa situazione i valori minimali della respirazione e della contrazione cardiaca residue sono sufficienti a mantenere vitali il metabolismo cellulare delle cellule nervose, l’inizio della respirazione naturale o di quella artificiale rende possibile, in dipendenza dalla durata del tempo di sopravvivenza e di rianimazione, la ripresa delle funzioni vitali.
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