Influenza
Definizione medica del termine Influenza
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Definizione di Influenza
Influenza
Malattia infettiva acuta causata dal virus dell’influenza (famiglia Orthomyxovirus).
In base alle caratteristiche antigeniche i virus influenzali si dividono in A, B, C.
I virus del tipo A sono i più variabili e geneticamente instabili: danno origine ogni anno a ceppi leggermente diversi e circa ogni 10 anni a un virus notevolmente diverso che, trovando la popolazione non immunizzata, determina una epidemia o una pandemia.
Sono note le pandemie del 1918 (spagnola) e del 1957, che causarono milioni di morti.
La sorgente di infezione è l’individuo affetto che elimina il virus con le secrezioni nasali e orofaringee e contagia, per via aerea, altri soggetti.
In caso di pandemia, poiché la quasi totalità della popolazione non è immune nei confronti del nuovo virus, il contagio può raggiungere il 50-60% della popolazione; nei periodi non epidemici, la malattia interessa durante l’inverno il 5-10% della popolazione.
L’infezione si manifesta bruscamente con sintomi aspecifici: cefalea, febbre, malesseri, dolori muscolari e alle ossa, brividi, sensazione di freddo associati a infiammazione delle alte vie respiratorie (faringe, laringe, trachea) e tosse secca.
Sono tuttavia possibili numerose varianti, sia per intensità sia per varietà di sintomi.
Nel soggetto senza altre patologie generalmente la malattia si risolve spontaneamente entro 3-7 giorni.
Negli anziani, nei bambini, nei cardiopatici, nei portatori di malattie croniche, l’indebolimento delle difese portato dall’influenza può aprire la strada ad altre infezioni, generalmente di origine batterica, quali polmoniti e broncopolmoniti.
Molto rara è la sindrome di Reye (più frequente nei bambini), caratterizzata da interessamento neurologico ed epatico, probabilmente in seguito a una reazione allergica all’acido acetilsalicilico, spesso assunto per combattere la febbre e la dolenzia causate dall’influenza.
La diagnosi generalmente non presenta difficoltà, anche se talora vengono erroneamente classificate come influenza numerose altre patologie virali delle alte e medie vie respiratorie.
Nei casi che non presentano complicazioni la terapia può non essere necessaria; in ogni caso sono sufficienti antinfiammatori generici (evitare però l’acido acetilsalicilico nei bambini piccoli per i rischi sopra ricordati) e antipiretici.
Non sono indicati gli antibiotici, tranne nei casi in cui si sia già verificata o esista il serio pericolo che si verifichi una sovrinfezione batterica, in grado di complicare il quadro clinico.
In casi selezionati (anziani, bambini, cardiopatici, bronchitici cronici) è indicata la vaccinazione da ripetersi ogni anno all’inizio dell’inverno (vedi antinfluenzale, vaccinazione).
In base alle caratteristiche antigeniche i virus influenzali si dividono in A, B, C.
I virus del tipo A sono i più variabili e geneticamente instabili: danno origine ogni anno a ceppi leggermente diversi e circa ogni 10 anni a un virus notevolmente diverso che, trovando la popolazione non immunizzata, determina una epidemia o una pandemia.
Sono note le pandemie del 1918 (spagnola) e del 1957, che causarono milioni di morti.
La sorgente di infezione è l’individuo affetto che elimina il virus con le secrezioni nasali e orofaringee e contagia, per via aerea, altri soggetti.
In caso di pandemia, poiché la quasi totalità della popolazione non è immune nei confronti del nuovo virus, il contagio può raggiungere il 50-60% della popolazione; nei periodi non epidemici, la malattia interessa durante l’inverno il 5-10% della popolazione.
L’infezione si manifesta bruscamente con sintomi aspecifici: cefalea, febbre, malesseri, dolori muscolari e alle ossa, brividi, sensazione di freddo associati a infiammazione delle alte vie respiratorie (faringe, laringe, trachea) e tosse secca.
Sono tuttavia possibili numerose varianti, sia per intensità sia per varietà di sintomi.
Nel soggetto senza altre patologie generalmente la malattia si risolve spontaneamente entro 3-7 giorni.
Negli anziani, nei bambini, nei cardiopatici, nei portatori di malattie croniche, l’indebolimento delle difese portato dall’influenza può aprire la strada ad altre infezioni, generalmente di origine batterica, quali polmoniti e broncopolmoniti.
Molto rara è la sindrome di Reye (più frequente nei bambini), caratterizzata da interessamento neurologico ed epatico, probabilmente in seguito a una reazione allergica all’acido acetilsalicilico, spesso assunto per combattere la febbre e la dolenzia causate dall’influenza.
La diagnosi generalmente non presenta difficoltà, anche se talora vengono erroneamente classificate come influenza numerose altre patologie virali delle alte e medie vie respiratorie.
Nei casi che non presentano complicazioni la terapia può non essere necessaria; in ogni caso sono sufficienti antinfiammatori generici (evitare però l’acido acetilsalicilico nei bambini piccoli per i rischi sopra ricordati) e antipiretici.
Non sono indicati gli antibiotici, tranne nei casi in cui si sia già verificata o esista il serio pericolo che si verifichi una sovrinfezione batterica, in grado di complicare il quadro clinico.
In casi selezionati (anziani, bambini, cardiopatici, bronchitici cronici) è indicata la vaccinazione da ripetersi ogni anno all’inizio dell’inverno (vedi antinfluenzale, vaccinazione).
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